La città moderna che abbiamo ereditato è il risultato di un’idea forte che sta alla base della sua stessa fondazione: l’istituzione del porto franco urbano, pratica in auge dal XVII secolo il cui obiettivo era quello di attirare capitale e tecnologia e avviare un processo di crescita. Trieste è stata pensata dall’inizio come città-porto, una identità duplice necessaria per lanciare al mondo un progetto imperiale di città organica.
Palazzo Carciotti è la visualizzazione di una classicità eroica messa in rilievo da una gestione urbana illuminata che ha disegnato la città ottocentesca, determinando così una identità morfologica di tutto il sistema delle rive, considerato allora come luogo privilegiato di incontro con la città.
Di proprietà del Comune di Trieste e quindi della Città, l’edificio è da tempo svuotato da ogni funzione e ambizione, relegato al degrado e alla svalutazione, subendo numerosi tentativi di alienazione con aste non andate a buon fine, sebbene la sua presenza, forte ed evocativa, possa costituire oggi un’icona perfetta di tutti i futuri, poiché rappresenta i principi fondanti della città, riferimento dell’identità collettiva e della storia, cerniera tra ciò che era e ciò che sarà.
Palazzo Carciotti deve quindi rimanere patrimonio collettivo, luogo della comunità in cui sia possibile ridare forma al significato originario della città, quale porto di culture e di Innovazione che possa riunire in un progetto unico tutto il territorio urbano, in un processo di ricostruzione dell’identità umana a partire dal riconoscimento del potenziale del bene comune, tangibile e intangibile, come garanzia di futuro e con la valenza di valore civile.
Appello alla cittadinanza: Prima dell’irreparabile, adottiamo Palazzo Carciotti!
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